In queste settimane di isolamento forzato mi capita spesso di pensare al passato, di guardarmi indietro e ripercorre il mio percorso professionale: dieci anni in cui il “mio” lavoro ha avuto un peso fondamentale nella mia vita. Lo definisco “mio” perché è qualcosa che sento dentro e per cui nutro una forte passione. In questi giorni in cui media e social parlano quotidianamente di smart working e remote working, ho provato a fare un piccolo bilancio su tutto quello che abbiamo imparato in proposito in MailUp Group, e su come ci stiamo adattando alla situazione di emergenza imposta dal Covid-19.
L’introduzione dello smart working
In MailUp Group abbiamo lanciato lo smart working due anni fa, con un obiettivo ben preciso: diffondere una cultura manageriale basata sui risultati. Un obiettivo ambizioso, per raggiungere il quale i tool aiutano ma non bastano. Dovevamo lavorare sul cambio di mindset, partendo dal top management e, con un approccio a cascata, arrivare fino a ogni singola persona. Ci siamo quindi focalizzati su percorsi di coaching pratici, partendo dall’individuazione dei KPI, passando alla definizione degli obiettivi e approdando infine al continuous feedback e monitoring.
Dopo due anni, posso dire che l’investimento ha dato dei buoni risultati. C’è ancora tanto lavoro da fare, soprattutto nel continuo supporto ai people manager nel guidare al meglio i loro team e nel farli crescere. Un passaggio cruciale che nel mercato fa la differenza: da gestori di persone a leader.
Un nuovo modello di leadership
Ma lo Smart Working è diverso dal Remote Working e noi, lo ammetto, non eravamo pronti ad affrontare questa emergenza. Abbiamo tutti dovuto metterci in discussione: come professionisti e come persone. La sfida vera adesso è un’altra: gestire l’incertezza, risolvere problemi, prendere decisioni in poco tempo in situazioni di stress, ponderando calma e ottimismo limitato, comunicare costantemente con trasparenza ma senza generare panico, dimostrare empatia, mantenere l’engagement di tutti… Insomma, una leadership al quadrato! Bisogna inoltre considerare che tutte queste capacità ci vengono richieste in un momento di crisi dove l’essere umano per sua natura ha meno accesso alle parti creative e analitiche del cervello; e la paura compromette la nostra capacità di entrare in empatia, ascoltare e relazionarsi con gli altri.
La strategia
Come abbiamo fatto? Semplice, siamo essere umani e come tali ci stiamo adattando. Abbiamo capito che dobbiamo collaborare e comunicare più di prima, per questo ci siamo dati da fare, creando diversi small network team, ciascuno con dei task specifici e degli allineamenti settimanali: di business, di comunicazione e di engagement. Dobbiamo essere veloci, rivedere le priorità, ma allo stesso tempo mantenere il più possibile la business continuity anche per la nostra salute psicologica. Prendiamo feedback dal basso attraverso il nostro formidabile Value Team e cerchiamo di tenere alto il morale. Non pretendiamo che tutti capiscano le nostre scelte, ma vogliamo essere trasparenti nelle comunicazioni perché uno dei nostri valori è il trust e ho sempre creduto che la coerenza ripaghi.
Abbiamo i nostri momenti di sconforto, di tensione e di contrasto. A volte basta poco per perdere la pazienza o interpretare erroneamente un messaggio, ma una cosa ci accomuna tutti: il caring, un altro nostro valore. Teniamo al Gruppo e lo sentiamo nostro ed è questo che ci motiva ogni giorno ad andare avanti. Io, personalmente, non mi sono mai sentita una dipendente. In questi due anni, nel mio ruolo di People & Culture Manager, ho sempre cercato di trasmettere alle persone e al mio team il senso di responsabilità, affinché non vedessero l’azienda come un’entità astratta e subissero passivamente quello che viene deciso “dall’alto”. Se diamo di più facciamolo prima di tutti per noi stessi, perché quello che impariamo rimane nostro per sempre.
Non credo che, quando l’emergenza finirà, tutto tornerà come prima. Saremo per forza diversi, perché sono le nostre scelte a mostrare chi siamo veramente, molto più delle nostre capacità. Questa esperienza dovrà servirci per capire quali sono le vere priorità, non solo per noi come individui, ma come comunità.