Ciao, il mio nome è Chiara Scesa, il mio pronome è “lei” e lavoro nel dipartimento della Holding di Growens come Senior Group Design Manager. Questo significa che sono responsabile delle pratiche di design che includono Ricerca, UX, Prodotto, Comunicazione e Service Design.

Anche se in Growens siamo circa 30 designer in un’organizzazione a matrice, il team che riporta direttamente a me, all’interno della Holding, è composto da 3 persone, tutti UX Designer con diversi livelli di seniority: Federico, lui, Senior; Andreea, lei, Mid; e Marco, loro, Junior.

Alcune settimane fa, il programma Way of Working della nostra azienda ha compiuto un anno e i miei colleghi del team People & Culture mi hanno chiesto di condividere la mia esperienza in questi 3 anni di gestione di un team distribuito. È stata una buona occasione per approfondire ciò che facciamo e come riusciamo a raggiungere gli obiettivi, lavorando in questo modo. Ecco alcuni punti.

Proveniamo e lavoriamo da luoghi diversi 

Andreea e Federico vivono a Milano, Marco a Padova e io a Bologna. Tuttavia, abbiamo lavorato anche da molti altri posti: la campagna rumena, Perugia, l’università dove insegno, le case dei nostri genitori, Tenerife, Formentera, la spiaggia di Taormina, gli Appennini, Livorno, la Francia, un bar di Berlino…

Abbiamo imparato a gestire da remoto in maniera efficace tutte le nostre attività, senza diminuire la nostra produttività. È stata un’attività di design iterativa e intenzionale: abbiamo osservato ogni azione, cosa funzionava e cosa no, e dopo due anni, siamo più maturi e consapevoli degli elementi che rendono efficace il nostro lavoro come team remoto.

Abbiamo anche appreso le differenze e le abitudini dei nostri colleghi provenienti da diverse Business Unit e siamo stati capaci di adattarci al loro modo di lavorare: alcuni di loro preferiscono un lavoro asincrono, del tipo “scrivimi una email e aspetta”, altri sono più da “fissa un meeting in qualsiasi momento tu abbia bisogno di qualcosa” o ancora “aprimi una issue su Jira”.

L’unica cosa che ancora non possiamo fare senza essere tutti presenti nella stessa stanza è una sessione di Lego Serious Play. Ecco perché teniamo questa attività per i giorni in cui andiamo in ufficio.

Lego Serious Play 

Il valore aggiunto dell’interazione faccia a faccia 

Ci sono anche altri motivi per cui ci troviamo occasionalmente di persona. Condividiamo un giorno in ufficio insieme almeno una volta al mese. In quei giorni, lavoriamo sui nostri task individuali o comuni, risparmiandoci ore di discussione su questioni che sono generalmente meno urgenti ma comunque importanti, o riservate ai nostri meeting one-to-one.

Organizziamo anche grandiose attività di team building circa una volta all’anno: naturalmente, pratichiamo il Lego Serious Play per discutere argomenti complessi o condividere opinioni che altrimenti sarebbero difficili da esprimere, ma facciamo anche workshop di ceramica per creare cose tangibili lontano dai pixel digitali e pratichiamo il kintsugi per riflettere sulla fragilità e l’imperfezione.

Attività di Team Building del team UX

Gestire un team distribuito in località diverse

Nella mia esperienza, gestire un team composto da persone localizzate in luoghi diversi significa imparare a comunicare verbalmente in maniera efficace, prestando attenzione alle parole e ascoltando attentamente, con la volontà di approfondire ciò che viene detto e ciò che viene omesso. Durante i meeting, occorre osservare le persone, le loro espressioni e i rispettivi contesti, tenendo in considerazione anche gli aspetti della conversazione che vengono portati all’attenzione.

Possono avvenire brevi conversazioni informali e occorre essere interessati ai racconti di vita dei membri del team: fanno parte della loro identità e del loro modo di lavorare. Queste informazioni sono tutt’altro che inutili: possono dare maggiori informazioni sulle loro vite e di come questo possa influenzare i loro modelli mentali, comportamenti, umori e livelli di attenzione.

Questa è anche la parte più difficile: è importante non dimenticare mai che ogni persona che incontriamo in un meeting remoto non è solo un avatar ma qualcuno di reale. In quel momento in cui siamo con loro, dobbiamo essere presenti e pronti a dare loro attenzione.

Ma qui arriva l’aspetto migliore: quando si riesce a far cambiare l’umore a qualcuno anche se non si è fisicamente insieme.

Ho una storia riguardante questo argomento. Una volta ho avuto un meeting con una persona che raccontava di sentirsi disorientata e persa su un progetto. Non era una richiesta di aiuto esplicita, ma al termine del meeting ho esercitato empatia e compassione: mi sono commossa per la sua situazione e mi sono sentita in dovere di fare qualcosa a riguardo. Ho provato ad aiutare alla mia maniera: definendo un metodo. Ho raccolto tutte le domande che avrebbe potuto fare fin dall’inizio del progetto e gli ho fornito gli ho fornito questo modo fondamentale, sebbene non complicato, di lavorare.

Ha funzionato. Questa persona è passata dal sentirsi persa a essere concentrata, come se fosse avvenuto un cambiamento. È stato un piacere seguire il suo lavoro quel giorno. Anche se non eravamo in ufficio, ho avuto prove del suo swicth grazie alle email che ha inviato, i suoi commenti sulle issue di Jira e i messaggi su Slack.

La mia opinione sull’essere People Manager di un team ibrido

Ricordo una frase di Kurt Vonnegut che ho adattato per l’occasione: “Cosa devono fare i People Manager? Fanno due cose. La prima, ammettere di non poter raddrizzare l’intero universo. La seconda, riuscire a rendere almeno una parte di esso esattamente come dovrebbe essere. Un pezzo di argilla, un quadrato di tela, un foglio di carta o qualsiasi altra cosa.

In generale, questi sono i miei suggerimenti. Specialmente quando si lavora da remoto, è importante ascoltare attentamente, esercitare empatia e notare i cambiamenti

Leggi l’articolo originale sul nostro Innovation Blog.

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